destionegiorno
Non ti ho mai detto,
mio cuore,
che ho paura d’amare,
d’aprirmi
e, insieme,
guardare
aspettando il sole.
Non... leggi...
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Leggi
nei miei occhi
la passione,
mentre
ascolti
l'ansimare
del mio respiro.
Lasciati inondare
dalla mia linfa... leggi...
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Tienimi tra le tue braccia
fino al sorgere del sole
e prendimi per mano
per le vie del giorno
e baciami ancora al... leggi...
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Barbara Di Lorenzo
Il cielo era grigio, colorato solo da nuvole di una tonalità più cupa.
Così iniziò il mio primo giorno da grande.
Il mio primo giorno di lavoro.
Un lavoro che non ho scelto io di fare.
Bussai e, con le gambe tremanti per un sentimento di mista paura e incoscienza, con la mano sudata, aprii la porta.
Tre donne si scaldavano accanto ad un termosifone in un angolo della stanza.
Così accostate tra loro che nemmeno il disordine riusciva a dare un'immagine di pienezza.
Fui accolta più da sguardi che da voci amiche e comprensive.
Il mio nome, la mia qualifica, un sorriso amichevole.... Rispondevo a domande convenevoli e vuote.
Nonostante il termosifone, il mio maglione pesante e il mio cappotto, le mie mani divennero fredde... tutto dentro me iniziava a raffreddarsi.
Avevo desiderio di scrutare quella stanza ma ero ancora sotto il vaglio di tutte quelle vane domande.
Chiesi come poter organizzare il mio lavoro.
La donna più anziana mi rispose "Siedi con noi e scaldati"...
Avevo voglia di scappare. Avevo voglia di voltarmi e guardare.
Per non essere scortese, posai le mie mani sul termosifone, quasi in atto di sottomissione ma velocemente lanciai il mio sguardo fugace nella stanza.
Erano lì, nell'angolo opposto che attendevano. Cosa? Chi?
Con un sorriso mi avvicinai a loro.
"Chi sei?" mi chiesero. "Sono una giovane insegnante" risposi tremante.
"Sei qui per noi?". "Certo" risposi con una carezza.
Quelle piccole vocine mi avevano reso forte e incurante degli sguardi dietro le mie spalle.
Presi una sedia e mi sedetti accanto a loro. Lì non faceva freddo.
Ovunque, sul pavimento, matite sparse e fogli imbrattati. Con gentilezza raccolsi tutti i colori e li riposi nel contenitore. Chiesi loro cosa stessero facendo.
Davide mi rispose "Devo colorare il cielo di azzurro. Maestra, perché il cielo è azzurro?" non sapevo rispondere a quella domanda, mi sentii impotente e inutile.
Risposi con un sorriso e un'altra carezza... era tutto ciò che potevo dare.
Il mio senso di nullità fu spezzato dal suono della campanella.
Davide si avvicinò sulla soglia della porta ed osservava, in silenzio, i bambini che giocavano a pallone nell'atrio.
Mi avvicinai a lui e, senza parlare, gli passai una mano sul capo.
Lui interruppe il silenzio con una delle frasi più dure che ho mai ascoltato "Ancora ricordo com'era bello giocare a pallone... ma lo sai che io correvo... prima mi divertivo..."
Non sapevo cosa dire. Il nodo salì subito in gola e le lacrime agli occhi.
Il mio primo giorno di un lavoro che non volevo, vissuto nell'enorme consapevolezza dell'impotenza.
Proposi a Davide di inventare un gioco. Chiamai alcuni bambini e tutti seduti giocammo a lanciarci la palla.
Davide era felice. Tutti eravamo felici ma, soprattutto, tutti eravamo uguali.
Terminata la ricreazione, Davide era impaziente di riprendere il suo lavoro.
Fu un susseguirsi di domande, le più disparate.
A tutte riuscii, fortunatamente, a dare una risposta...tranne che ad una "Perché il cielo è azzurro?".
La mattinata passò in fretta, tutto sommato in allegria e spensieratezza.
Prima di andar via Davide, muovendosi a fatica sulla sua sedia a rotelle, si avvicinò a me, e con un abbraccio mi disse "Oggi sono felice, ho saputo tante cose.... Domani? È vero che tornerai domani?"
"Certo, mi troverai qui ad aspettarti" risposi.
Davide aveva scelto in poche ore il lavoro che avrei fatto da grande. Davide me lo ha insegnato.
La scuola finì. Il cielo non era più grigio. Il cielo era azzurro quella mattina. Il sole splendeva alto in quel cielo azzurro.
Davide era morto.
Ora, ogni volta che vedo una sedia a rotelle mi chiedo "Perché il cielo è azzurro?" ma ancora non ho una risposta e non voglio averla... me lo spiegherà Davide, un giorno, quando correndo felicemente verrà ad abbracciarmi.
A Davide che non dimenticherò... | |
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